Ricordiamo che riparte la sesta edizione de La Ceramica e il Progetto, il concorso di architettura organizzato da Confindustria Ceramica e Cersaie per premiare e dare visibilità alle migliori realizzazioni fatte con piastrelle di ceramica italiana. Il concorso ripropone le tre categorie architettoniche (edifici istituzionali/arredo urbano, residenziali e commerciali/Hospitality) per progetti realizzati in Italia ed all'estero.
Architetti e interior designer interessati devono comunque essere residenti in Italia e devono presentare opere portate a termine tra gennaio 2014 e gennaio 2017.
Sul sito web www.laceramicaeilprogetto.it è possibile scaricare il bando del concorso e compilare il modulo per l'iscrizione online. La partecipazione al concorso è completamente gratuita ed è possibile presentare più di un progetto per la stessa categoria o per categorie differenti, sempre entro il 10 maggio. L'iniziativa è rivolta a opere ex-novo, a ristrutturazioni o a interventi di recupero architettonico, mettendo al centro l'impiego di prodotti ceramici di aziende che aderiscono a Ceramics of Italy, il marchio collettivo che garantisce l'eccellenza e la qualità italiana.
La giuria, composta dagli architetti Mario Cucinella, Cherubino Gambardella e Fulvio Irace, valuterà i progetti pervenuti sulla base di criteri di creatività, funzionalità e gusto estetico della realizzazione, prendendo in considerazione la progettazione nel complesso, l'impiego delle piastrelle di ceramica, la qualità della posa e la valorizzazione ambientale resa possibile dalle caratteristiche di sostenibilità del materiale. Al progettista vincitore di ciascuna categoria verrà assegnato un premio di 5mila euro. La premiazione avverrà a fine giugno 2017 a Palermo, nell'ambito di un evento Ceramics of Italy realizzato in collaborazione con l'Ordine degli Architetti locale.
Sono stati 65 i partecipanti alla scorsa edizione del premio. Vincitore della categoria Commeciale/Hospitality è stato il progetto "I docks di Marsiglia”, in Francia realizzato a cura dello Studio 5+1 AA (Alfonso Femia Gianluca Peluffo). Menzione d’onore a "Silvian Heach flagship store” di Milano, progettato dallo studio Fabio Caselli Design. Per quanto riguarda la categoria Istituzionale/Arredourbano il vincitore è il "Nuovo polo cimiteriale di Copparo" di Patrimonio Copparo Srl (architetto Mauro Crepaldi). Prima Menzione speciale al restauro della Chiesa di Nostra Signora della Misericordia “Chiesa di Vetro” di Baranzate, a cura dello studio SBG Architetti (architetti Giulio Barazzetta e Sergio Gianoli). Seconda Menzione alla realizzazione dei servizi per il pubblico della Caffetteria Spazio 7 della "Fondazione Sandretto Re Rebaudengo", realizzata dall’architetto Alessandra Raso/Cliostraat. Terza Menzione d’onore per la ristrutturazione delle “Scuole Faes Argonne” a Milano,
progettato dallo studio DRME (Studio di Architettura Dubini Risari e Melzi D’Eril Associati). Per la categoria Residenziale, il progetto vincitore è "Villa privata ad Antiparos”, in Grecia dello studio di architettura Peia Associati (architetto Giampietro Peia). Menzione speciale assegnata al progetto "Teatro1", edificio residenziale a Udine progettato dallo studio Archest (Annamaria Coccolo Gaetano De Napoli).
La premiazione si è tenuta lo scorso 29 giugno a Bari, presso Villa De Grecis, in un evento realizzato in collaborazione con l'Ordine degli Architetti locale al quale hanno partecipato oltre 250 iscritti che hanno beneficiato di 4 crediti formativi.
I lavori selezionati saranno poi esposti nella mostra appositamente realizzata presso la Galleria dell’Architettura all'interno di Cersaie, il Salone internazionale della Ceramica per l’Architettura e dell’Arredobagno, in programma a Bologna dal 25 al 29 settembre prossimi.
Prima parte del viaggio nel capoluogo lombardo sede di una prestigiosa Università e di un polo ospedaliero di fama mondiale, oscurati da una politica urbana ignava. La rigenerazione deve partire dai servizi pubblici
Pavia, che all’1 gennaio 2016 contava 72.576 residenti (oltre duemila in più rispetto al 2007), viene presentata nel PGT (Piano di Governo del Territorio) come una “città di eccellenze”, sede di un ricco patrimonio storico e culturale, di una prestigiosa Università e di un polo ospedaliero (che comprende il Policlinico San Matteo, la Fondazione Salvatore Maugeri e l’Istituto neurologico Casimirro Mondino) di fama mondiale. L’Università e gli Ospedali hanno il merito di essere in grado di attirare grandi quantità di persone da fuori città, anche dalla vicina Milano, in aggiunta ai luoghi simbolici della cultura pavese come il Teatro Fraschini e il Castello Visconteo, che però ospitano molti visitatori soltanto in caso di eventi importanti.
Pavia, oltre ad essere una città ricca di storia e cultura, ha vissuto anche una parabola industriale di grande rilevanza. Negli anni d’oro, il settore manifatturiero era trainante a livello nazionale con oltre 19.000 addetti spinti dal settore metalmeccanico (la Necchi copriva il 55% del prodotto nazionale ed oltre il 60% degli addetti). L’inesorabile crisi dei decenni successivi ha ridimensionato il ruolo di Pavia nello scacchiere economico italiano, con varie amministrazioni succedutesi ma non in grado di mettere in campo politiche economiche ed urbane organiche e lungimiranti, limitandosi a lasciare in eredità ai cittadini una città ancora da rigenerare, caratterizzata da enormi vuoti urbani ed un centro storico non attrattivo quanto potrebbe esserlo.
Ultima in ordine di tempo, la giunta capeggiata da quasi tre anni dal sindaco Massimo Depaoli sta provando a dare l’ennesima spinta al rinnovamento urbano della città, con la recente approvazione di una variante al PGT, firmato nel 2013 dall’amministrazione Cattaneo (e atteso per ben otto anni dopo l’entrata in vigore della Legge regionale 12/2005 che ne prevedeva la dotazione da parte dei comuni entro il 2009). Anche in questo caso, non sembra poter essere uno strumento risolutivo per portare la città verso il necessario rinnovamento. Un tema sul quale la giunta ha voluto puntare è infatti l’aumento delle volumetrie (con possibilità di arrivare fino a 8 o 10 piani fuori terra) per le abitazioni da realizzare in aree in trasformazione o dismesse, che per altro vantavano già indici di edificabilità già abbastanza alti, nella speranza di renderle più appetibili agli investitori. Nell’attuale periodo di profonda crisi, non più adatto alle grandi operazioni immobiliari, ci si aspettava quindi maggiori risposte riguardo alla valorizzazione dei servizi esistenti e del centro, dove permane la discutibile possibilità di realizzare parcheggi sotto i monumenti e i palazzi storici. Nel frattempo, non è stata di poco conto l’occasione persa da tutta la città con il ritiro degli investitori cinesi del Pavia Calcio, i quali parevano intenzionati a rigenerare l’area periferica dello stadio Fortunati a ridosso dell’ex Necchi.
—
La pianificazione urbana ieri
A testimonianza del disordine amministrativo vissuto nell’ultimo secolo, Pavia si è sviluppata soltanto con tre strumenti di pianificazione generale. In questo modo la città è cresciuta in maniera disordinata, perdendo anche le caratteristiche legate alla sua storia, alla sua morfologia ed al suo paesaggio. Difatti lo sviluppo degli insediamenti ha seguito più la modalità delle conurbazioni che non quella di una città pianificata, realizzando quartieri periferici poi rivelatisi non in grado di confrontarsi in maniera adeguata con il tessuto agricolo ed urbano circostante. Un esempio ne è l’area del Cravino, concepita da Giancarlo De Carlo negli anni settanta, dove sono ospitati il polo scientifico dell’Università, il Mondino e la Fondazione Maugeri e che, situata al di là della tangenziale ovest, è di fatto un pezzo di città a se stante.
Dal punto di vista storico, la pianificazione urbana ha preso le mosse nel 1903, anche se il primo Piano regolatore è datato 1914. I forti cambiamenti demografici ed economici, dovuti anche all’insediamento del Policlinico San Matteo (nel 1932), portarono alla redazione del Piano dell’Ufficio Tecnico adottato nel 1938 e reso esecutivo con la legge n°1186 nel 1941, dando vita al primo vero strumento urbanistico organico vigente. Grazie a diverse deroghe, il piano resterà in vigore fino al 1956, con gravi conseguenze per la città a causa dell’arretratezza dello strumento. Seguirono poi i PRG redatti rispettivamente da Luigi Dodi (1956-1963) e da Giuseppe Campos Venuti e Giovanni Astengo (1976). La storia recente ci porta poi al Piano di Gregotti Associati (2002) che, per la prima volta, affronta ipotesi di ampio respiro riguardo alla viabilità urbana e delle tangenziali, nonché il tema dei grandi siti industriali dismessi, producendo delle schede normative vincolanti, con dettaglio planivolumetrico di tutte le superfici.
—
L’Università e i poli ospedalieri
Il cuore dell’economia pavese è rappresentato da tutto ciò che gravita attorno all’Università e ai poli ospedalieri. L’ateneo, per buona parte vero cuore pulsante del centro storico, conta infatti oltre 21.000 iscritti ai corsi di laurea: il 30% della popolazione urbana. Proprio per questo, sarebbe fondamentale potenziare le strutture a servizio degli studenti, prevedendo nuove soluzioni insediative dedicate esclusivamente ai fuori sede, quali alloggi a prezzi agevolati e strutture sportive a basso prezzo. Sarebbe in ogni caso saggio portare tali funzioni nel centro storico e non in lottizzazioni di cui una città che vanta il 16% del proprio patrimonio immobiliare disabitato non avrebbe bisogno.
Anche le strutture sanitarie hanno un ruolo fondamentale nell’economia cittadina, con un’estensione territoriale complessiva superiore ai 500.000 mq. Da tutta Italia e dall’estero i pazienti sono ospitati (spesso insieme ai congiunti per l’assistenza) nelle strutture sanitarie pavesi, tra le quali spicca il nuovo DEA del Policlinico inaugurato nel 2013. Sarebbe opportuno quindi integrare e potenziare i servizi a sostegno degli accompagnatori dei degenti, con strutture e aree verdi.
Resta indifferibile l’esigenza, da parte di una città come Pavia, di investire fortemente nel sistema del welfare urbano perché, se si punta sui servizi pubblici rendendoli efficienti, questi generano a loro volta un’economia che va molto al di là degli addetti impiegati nelle varie attività, determinando in maniera sensibile la capacità attrattiva di un sistema urbano. Un buon investimento sarà il “Campus della Salute” che trasformerà una vecchia ala del San Matteo in un moderno campus universitario, finanziato da Università e Regione Lombardia, dedicato ai futuri medici con 8.600 mq di superficie, 12 aule studio capaci di ospitare 260 studenti e una biblioteca con sale lettura (166 posti) e 3.300 metri di scaffali per ospitare la biblioteca unificata di medicina.
Seconda parte del viaggio nel capoluogo lombardo alla scoperta delle strategie di riqualificazione. Tra il Piano urbano per la mobilità sostenibile, il progetto di un polo multifunzionale e la valorizzazione del patrimonio
Il nodo della mobilità
Pavia è città dalla forte vocazione per la mobilità su due ruote e con i mezzi pubblici. Proprio per questo riveste importanza strategica la proposta preliminare del PUMS (Piano urbano della mobilità sostenibile) recentemente approvata. La più importante modifica alla mobilità prevista in futuro, rilanciata dal sindaco lo scorso dicembre a margine dell’approvazione del documento, è quella del recupero del progetto del tram leggero, che vorrebbe sfruttare il tratto urbano di binari proveniente da Codogno che entra città a est da Porta Garibaldi e arriva fino alla stazione FS.
Anche il completamento della rete delle piste ciclopedonali assume un ruolo chiave nella strategia futura della pianificazione della mobilità cittadina, al fine di permettere collegamenti lungo le direttrici che portano dal centro alla periferia, dando la possibilità di poter preferire la bicicletta ai mezzi motorizzati, sia pubblici che di proprietà (come già succede nel centro storico). Manca infatti ancora un sistema di percorsi e piste ciclabili di valenza naturale e storica che porti all’interno della città la Greenway Milano-Pavia-Varzi. Il tracciato ideale, che si sviluppa tra le province di Milano e Pavia, è di 112 chilometri ma, ad oggi, si perde subito dopo l’ingresso in città.
—
L’importanza delle vie d’acqua
Pavia è anche città dalle forte valenze ambientali. Fondata sul Ticino, la presenza dell’acqua è sempre stata di fondamentale importanza nello sviluppo urbano. Il rapporto con il fiume, che è la ragione stessa dell’esistenza della città, appare evidente attraverso le relazioni che si sono sviluppate nella storia come testimonia ad esempio il celebre Ponte Coperto. Lo testimonia anche l’ex Idroscalo, pregevole architettura appoggiata sul Ticino inaugurata da Benito Mussolini in persona nel 1926, per la quale qualcosa si sta muovendo grazie ad un investimento da 4 milioni in un progetto, ad opera dell’architetto pavese Luisa Marabelli, per la conversione in polo turistico-culturale.
Nel corso dei secoli si è poi aggiunto il sistema dei navigli e dei canali, che costituisce una delle caratteristiche peculiari e un riferimento identitario per tutta la Lombardia. La struttura del Naviglio Pavese insieme al corso della ferrovia, hanno favorito lo sviluppo, lungo il loro corso, di poli industriali come la Necchi o la SNIA-Viscosa, e di servizio al commercio. Il sistema del Naviglio è quindi un elemento che in città pone in relazione edifici storici, percorsi paesaggistici e sistemi del verde, anche attraverso la presenza dei manufatti per la regolazione delle acque, sebbene oggi rimanga un luogo di separazione e non di ritrovo e rivitalizzazione, soprattutto nell’area degradata del confluente. Proprio per questo uno degli obiettivi fondamentali del PGT, indicato nel Documento di piano, consiste nella valorizzazione e rifunzionalizzazione delle sponde del Naviglio (e in altre zone, del Ticino), che devono assumere il ruolo di nuove infrastrutture destinate al tempo libero, come aste collettive che si integrano al sistema delle strade e piazze storiche, da sempre luoghi d’incontro per i cittadini. Una buona opportunità per la rivitalizzazione del Naviglio è rappresentata dal progetto del completamento dell’idrovia Locarno-Milano-Venezia, recentemente tornato in auge grazie ai progetti delle vie d’acqua legati ad Expo 2015, e che dovrebbe avere in Pavia una tappa importante nel proprio sviluppo futuro.
—
Una città nel bosco
La superficie complessiva del verde fruibile, cioè quella parte di verde pubblico o privato ad uso pubblico, direttamente utilizzabile, a Pavia è molto elevata. A testimonianza dell’alto benessere ambientale, vanno aggiunte poi le aree agricole, il Parco Agricolo del Ticino e il Parco Visconteo.
Risulta tuttavia rilevante la mancanza di un disegno unitario delle aree verdi. Infatti, allo stato attuale esistono stralci di verde pubblico in un sistema frammentato che non ha la capacità di coprire il territorio in modo strutturato, trattandosi per lo più di spazi di risulta all’interno del tessuto edificato. Per ovviare a questo problema, l’attuale amministrazione intende aumentare la quota di verde pubblico, anche acquisendo aree da privati in cambio di diritti edificatori nelle aree dismesse e di trasformazione. Una delle grandi astrazioni del PGT, della quale si sono perse le tracce, aveva però un respiro ancora più ampio e prevedeva la realizzazione a scala urbana di un bosco di cintura urbana che, oltre alla valenza di servizi ecosistemici, perseguirebbe la finalità di ricomposizione paesaggistica dei margini urbani per dare a Pavia la nuova aggettivazione di “città nel bosco”.
—
Quale futuro per i vuoti urbani?
La nota dolente per Pavia è quella dei vuoti urbani ereditati negli ultimi decenni, ai margini degli abitati storici, principalmente dalla dismissione dei siti industriali, ancora oggi nodo irrisolto della pianificazione urbana. Un sesto di città (85 ettari circa) risulta a tutt’oggi l’estensione delle aree dimesse NeCa (80.000 mq), Necchi (con annesso lo scalo ferroviario – 400.000 mq complessivi), Snia (174.000 mq), Dogana (130.000 mq), Arsenale (140.000 mq) ed Enel, il cui destino è ancora tutto da decidere. Tra costosissime bonifiche non ancora effettuate (Necchi), mal eseguite (NeCa) e vicende giudiziarie di vario genere, ancora non si vedono vie d’uscita. L’unica grande area a non avere ancora conosciuto alcuna ipotesi di masterplan è la Necchi, mentre quella della NeCa risale al 2009 (progetto Studio Fuksas) e quella dell’ex Snia addirittura al 2000 (Studio FOA). Ipotesi progettuali che, seppur affascinanti, ormai risultano obsolete. È invece in via di definizione il progetto del nuovo Arsenale che prevede al suo interno l’archivio della Regione Lombardia, del MiBACT e la futura caserma dei vigili del fuoco, oggi in viale Brambilla. Il masterplan, ancora in fase embrionale, prevede che l’Arsenale sia completamente libero dalle auto, così da rendere pienamente fruibile il corridoio verde che collegherà via Riviera al Ticino, anche in considerazione del recupero del Navigliaccio. Le linee guida stilate dal Comune avrebbero in previsione anche la possibilità d’insediare nuove funzioni quali residenze non più alte di 5 piani in grado di ospitare fino a un massimo di 1.143 nuovi abitanti, asilo e materna, una pista ciclabile, tre strutture commerciali da 600 mq ognuna, nuovi insediamenti produttivi, piccoli negozi e poi parcheggi e laboratori artigianali e di ricerca.
Non mancano anche importanti “vuoti” all’interno della città quali l’ex caserma dei carabinieri di via Defendente Sacchi (ancora invenduta dopo numerose aste andate deserte), l’ex Mondino di via Palestro (11.257 mq dell’Università attualmente preda di degrado e bivacchi) e l’ex clinica Morelli di piazza XXIV maggio, l’ex sede Sip in via Carati, l’ex Banca d’Italia di via XX settembre, l’ex sede della caserma dei Vigili del fuoco di via Porta (9.910 mq), le ex tettoie militari di via Lomonaco (20.000 mq), gli ex magazzini militari di viale XI febbraio (12.600 mq) e l’ex caserma di via Tasso (altri 23.550 mq). Tutte occasioni che amministrazioni, investitori e cittadini dovranno cogliere per dare finalmente una visione strategica al futuro di questa città.
L'Amministrazione Comunale di Forno di Zoldo, in esecuzione della deliberazione della Giunta Comunale n. 122 in data 03/12/2015 e della determinazione del Responsabile dell'Area Tecnica n. 504 in data 11/12/2015, indice un concorso di idee per la progettazione di una fontana/monumento nel centro storico di Forno di Zoldo.
I plichi contenenti la documentazione dovranno pervenire entro le ore 12 del 16/02/2016 - 60° (sessantesimo) giorno consecutivo dalla pubblicazione del bando.
I plichi contenenti la documentazione devono pervenire, pena l'esclusione dalla gara, a mezzo raccomandata del servizio postale, ovvero mediante agenzia di recapito autorizzata, entro le ore 12 del 60° (sessantesimo) giorno consecutivo dalla pubblicazione del presente bando al seguente recapito: "Comune di Forno di Zoldo – via Roma, 26 – 32012 – Forno di Zoldo (BL)"
Mostra di sperimentazione e creatività organizzata da Veronafiere, per promuovere e arricchire le capacità creative delle aziende italiane del settore del marmo, e per sensibilizzare gli architetti e i designer all'uso dei materiali litici.
L'evento consiste in una mostra tematica di installazioni o microarchitetture progettate da architetti della prestigiosa "scuola" iberica per aziende italiane leader del settore che ne cureranno la realizzazione all'interno del Padiglione n. 1, interamente dedicato agli eventi culturali di Marmomacc.
Le installazioni, prodotte dalla collaborazione tra architetti e aziende, saranno ispirate al tema della casa con patio, ossia a una riflessione sulla abitazione mediterranea e atlantica in pietra, una tipologia che ha radici nelle culture locali di diverse aree.
Il layout generale di progetto è formato da quattro "lotti" di mq. 60, affiancati da un'area patio di circa mq. 30, disposti intorno a uno spazio centrale a giardino.
Le case-patio saranno pensate per rivelare nuove qualità e potenzialità dei materiali litici e per mostrare le capacità di lavorazione delle aziende partecipanti, delle quali costituiscono anche il luogo di accoglienza dei visitatori e dei clienti.
Gli architetti invitati e le aziende partecipanti sono:
Manuel Aires Mateus con Grassi Pietre
Josep Miàs con Travertino Sant'Andrea
Eduardo Souto De Moura con Piba Marmi
Benedetta Tagliabue con Decormarmi
La mostra, che costituirà il cuore degli spazi culturali, mira a realizzare delle esperienze di integrazione tra architettura e design attraverso l'opera di prestigiose figure di notorietà internazionale capaci di interpretare la pietra in modo creativo e di aprire la sperimentazione di questo materiale verso nuove frontiere.
Il coinvolgimento di illustri progettisti europei corrisponde inoltre all'obiettivo di coniugare le straordinarie qualità di professionalità e saper fare delle aziende italiane con le più importanti tendenze contemporanee dell'architettura e del design europee, di cui l'area iberica rappresenta la punta più avanzata.
Un architetto col suo lavoro può contribuire a restituire dignità e sostenibilità a un territorio, a un quartiere, a una terra.
Il 12 aprile è stato ufficialmente presentato alla città di Guastalla, in provincia di Reggio Emilia, il progetto vincitore per un nuovo asilo, a firma dell’architetto bolognese Mario Cucinella. Mario Cucinella è intervenuto affermando che: “Per progettare un asilo nido e una scuola d'infanzia è necessario che s’incontrino e dialoghino discipline diverse come l'architettura, la pedagogia, la psicologia, l'antropologia. La qualità degli spazi dipende da come questi saperi riescono a interagire tra loro. La costruzione di ambienti per i più piccoli può essere uno spunto di riflessione sul ruolo dell'architettura, che non è solo materia da riviste patinate ma può diventare strumento educativo poichè lo spazio condiziona i comportamenti, e i bambini cresciuti in un ambiente confortevole, stimolante e adatto alle loro esigenze saranno adulti più consapevoli”.
Il nuovo edificio sostituirà i due nidi d’infanzia danneggiati dal sisma del maggio 2012 e ospiterà 120 bambini fino ai tre anni d’età. “Creare uno spazio a misura di bambini e insegnanti, sostenibile, accogliente e sicuro come un vero e proprio nido in cui cominciare a esplorare il mondo - ha detto l'assessore ai Lavori pubblici Elisa Rodolfi - è stata la filosofia alla base del progetto vincitore, una filosofia apprezzata e condivisa dal Comune di Guastalla che proprio sul tema della sostenibilità, della sicurezza e del servizio al cittadino ha improntato il piano di lavoro per la ricostruzione post-sisma, in cui la nuova struttura per l'infanzia si inserisce”.
I punti di forza del progetto dell’asilo di Cucinella in Emilia riguardano l’utilizzo di materiali naturali e riciclati, a basso impatto ambientale, l’uso del legno nella struttura portante (escluse le fondazioni che saranno in calcestruzzo armato), il recupero dell’acqua piovana, l’inserimento di ampie superfici vetrate per sfruttare al massimo l’illuminazione naturale e l’installazione di un impianto fotovoltaico.
dai principi della qualità dell'architetturae non solo dal prezzo; è un bel segnale perché quando il committente cerca la qualità, gli architetti vincono. E investire nella qualità consente anche di far crescere le generazioni di architetti”.
Sull’idea guida di questa nuova scuola per l’infanzia ha risposto sempre Cucinella: “Pur con un sistema normativo molto rigido, a Guastalla è stato possibile fare un edificio che avevo immaginato come la balena di Pinocchio, utilizzando il legno e grandi superfici vetrate. Se la scuola è il luogo dell'educazione, lo spazio e l'edificio stesso sono una forma di educazione. Resta nella memoria, come a me è rimasta nella memoria il mio asilo, che poi ho scoperto era stato realizzato da Giuseppe Vaccaro, un architetto razionalista.
E poi la scuola non sono solo le mura, gli spazi, qui ho progettato un giardino sensoriale: i profumi, l'altezza delle piante, tutto è studiato per attivare i sensi dei bambini.
Notiziario Architettura By Antonietta Salierno
"Maria Mulas. Ritratti e architettura" è il titolo dell'importante mostra fotografica esposta alla Galleria Francesco Zanuso dal 21 maggio al 5 giugno. La rassegna apre in contemporanea con il Photofestival di Milano, dove l'artista è presente e si collega alla Biennale di Venezia 2014 sul tema dell'architettura. Infatti pone in risalto, tramite un affascinante percorso, i temi più cari della carriera di Maria Mulas: i ritratti e le architetture.
I ritrattidi celebri artisti e di grandi personaggi mettono in luce con estremo realismo e a volte con una vena ironica i caratteri personali dei soggetti ripresi, stili di vita, abitudini, atteggiamenti, in un racconto trasversale fra arte, storia e contemporaneità narrato con un occhio critico e allo stesso tempo altamente descrittivo.
La carrellata degli scatti esposti mostra una variegata panoramica di personalità, squarci di vita sociale tra naturalezza e artificiosità, fra cui spiccano la storica critica dell'arte Lea Vergine, affermati artisti quali Louise Bougeois, Henry Moore, Keith Haring, Christo; i ritratti doppi di Joseph Beuys, Claes Oldenburg, Coosje van Bruggen, Bruce Nauman e il nucleo di lavori che ritraggono Andy Warhol.
In uno scritto Rossana Bossaglia esprime in modo esaustivo questo concetto di fare arte "Maria Mulas, celebre fotografa e non soltanto di persone è ricercata e ambita per la libera schiettezza del suo rapporto con l'individuo che ritrae; usa tagli, modi, luci differenti a seconda dei casi, non intendendo ridurre il ritratto a un esercizio di stile; coglie fisionomie ed espressioni, soprattutto capisce subito se il personaggio debba essere fissato in un gesto caratterizzante o sorpreso nel suo dinamismo, se gli giovi un effetto di luce a grandi risalti o limmersione in un'atmosfera diffusa. È, insomma, se stessa senza prevaricazioni, attenta a restituirci non solo figure, bensì personalità..."
Seppure con soggetti completamente differenti, negli scatti delle architetture, continua il sottile gioco fra la visione reale e simbolica di ciò che viene rappresentato. Grazie a manipolazioni della pellicola, realizzate attraverso rielaborazioni manuali, sovrapposizioni, deformazioni, scomposizioni e ricomposizioni, i fotogrammi vengono trasformati in composizioni astratte, dove i richiami alla forme originali sono poco evidenti e talvolta impercettibili.
In Omaggio al Terragni e nelle Astrazione#1 e Astrazione#2 incentrate su New York, create negli anni Settanta e Ottanta, è evidente un forte limite di leggibilità e di visibilità delle strutture reali, celate da elementi simmetrici e speculari, mentre nello scatto Rotonda della Besana del 1972 sono più visibili, nel vorticoso alternarsi di volte e colonne, riferimenti alla struttura architettonica di origine. Un'espressività in continua evoluzione, infatti in Venezia Astratta, così come in altri lavori realizzati negli anni Novanta, il luogo creativamente rappresentato è di più facile identificazione.
Nei ritratti e nelle architetture di Maria Mulas emerge il perfetto connubio fra estetica e tecnica ed affiorano larmonia, il ritmo e il sentimento, tratti evidenti della sua poetica.
Coordinate mostra
Titolo Maria Mulas. Ritratti e architetture
Sede Galleria Francesco Zanuso
Corso di Porta Vigentina, 26 - Milano
Date 21 maggio 5 giugno 2014
Inaugurazione mercoledì 21 maggio, ore 18
Incontro con lartista e cocktail giovedì 29 maggio, ore 18 - 21
Orari di apertura lunedì - venerdì 15 - 19
Visite su appuntamento per mattino e altri orari
Ingresso libero
Info tel. 335 6379291 - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.